L'arpa dell'India - H.L.V. Derozio

18.03.2021

Questa poesia è una delle prime testimonianze dei moti nazionalisti indiani della prima metà dell'ottocento. Henry Louis Vivian Derozio (1809-1831) era un poeta e professore anglo-indiano, a lungo dimenticato e recentemente riscoperto con ritrovato interesse, grazie agli studi sulla letteratura post-coloniale. La poesia e la natura ibrida stessa del poeta lo collocano infatti nell'interstizio tra due culture profondamente diverse, dando vita a nuove forme e contraddizioni artistiche e culturali. The Harp of India (1827) è la sua poesia più famosa e sarà la prima traduzione pubblicata su questo blog, come omaggio all'autore, soggetto della mia tesi di laurea magistrale.

Ho scelto di tradurla preservando il ritmo giocoso e vivace di Derozio (all'epoca diciottenne), in particolare facendo attenzione a non perdere il ritmo dell'originale e a non denaturare il numero di accenti primari all'interno del verso. Ho scelto di mantenere lo schema delle rime, proprio per marcare il tratto più "fanciullesco" e giocoso di questa poesia, altresì impegnata e colma di un ideale romantico-nazionalista.



L'arpa dell'India

Perché pendi solitaria da quel ramo secco

Sempre zitta, resti fuori portata di mano?

La tua musica era soave - chi la sente adesso?

Perché su di te il vento sospira invano?

Il silenzio ti blocca con la sua catena fatale;

Sei desolata, muta e d'aspetto dimesso

Come nel deserto un rudere ancestrale:

O! molte mani delle mie assai più dotate

Ai tuoi armoniosi accordi han reso splendore,

E molti ha Fama cinto di corone da lei intrecciate

Coi fiori che ancora sbocciano sulla tomba del cantore:

Quelle mani sono fredde ora - ma se son divine le tue note,

Possano i mortali risvegliarle dall'apatia,

Arpa del mio paese, lascia ch'io pizzichi la melodia!


The Harp of India

Why hang'st you lonely on yon withered bough

Unstrung for ever, must thou there remain?

Thy music once was sweet - who hears it now?

Why doth the breeze sigh over thee in vain?

Silence hath bound thee with her fatal chain;

Neglected, mute, and desolate art thou,

Like ruined monument on desert plain:

O! many a hand more worthy far than mine

Once thy harmonious chords to sweetness gave,

And many a wreath for them did Fame entwine

Of flowers still blooming on the minstrel's grave:

Those hands are cold - but if thy notes divine

May be by mortal wakened once again,

Harp of my country, let me strike the strain!

Paolo Pilati, Corso Unione Sovietica 75, Torino (TO) 10134, Italy
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